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ROSSI, REMO

* 27.9.1909 LOCARNO, † 30.12.1982 BERN

Skulpteur.

Figlio di un intagliatore di pietre, frequenta dapprima la Scuola di arti applicate a Lucerna (1925, da Joseph von Moos) e dal 1926 al 1931 l’Accademia di Brera (studi di anatomia; corsi di disegno con Gottardo Barbieri). A Milano studia però soprattutto presso lo scultore Ernesto Bazzaro. Tra il 1932 e il 1935 soggiorna prevalentemente a Parigi, dove è allievo di Paul Landowski all’Ecole nationale supérieure des beaux-arts e di Charles Despiau all’Académie scandinave. Nella capitale francese, pervasa dal clima dell’Ecole de Paris, Rossi si sistema nel quartiere popolare di rue d’Alésia; frequenta il vicino Dôme dove incontra tra gli altri Alberto Martini e Gino Severini. Rientrato definitivamente a Locarno nel 1936, avvia un’intensa attività che gli assicura una posizione di rilievo nel panorama culturale ticinese. Realizza innumerevoli opere di arte funeraria e di arte sacra in tutta la Svizzera (statue, tabernacoli, vie crucis, rilievi, altari); vince molteplici concorsi per decorazioni artistiche di edifici pubblici (soprattutto sculture e rilievi sulle facciate).

Prende parte a molte giurie e commissioni artistiche, in particolare: Commissario per la Svizzera alla Biennale di Venezia (1962–1972); membro (dal 1948), vicepresidente (1960–68) e infine presidente (1969–1979) della Commissione federale delle belle arti; nel 1966 nomina nel Consiglio della Fondazione Pro Arte; dal 1969 membro della Fondazione Gottfried Keller. Numerosi riconoscimenti, inaugurati con il primo premio per la scultura all’Esposizione nazionale di Zurigo nel 1939; nel 1974 nomina ad «Académico» della Real academia di bellas artes de San Fernando, Madrid. Inoltre medaglie d’oro e premi ottenuti in Italia e all’estero. A partire dal 1939 realizza anche diverse medaglie e scudi commemorativi, tra cui quella per l’Università di Friburgo (1949) e lo scudo del 150° dell’indipendenza ticinese (1953). Mostre personali principali: Ernst Müzeum, Budapest (1966) e retrospettiva postuma alla Villa Malpensata, Lugano (1983).

Partecipazione a rassegne di scultura nazionali e internazionali dal 1934; dal 1938 al 1973 prende parte a tutte le esposizioni della Società pittori, scultori e architetti svizzeri (SPSAS). È presente nel 1964 all’Esposizione nazionale a Losanna con una grande scultura in alluminio. Nel 1943 sposa Bianca Bernasconi; nel 1944 nasce il figlio Giancarlo. Dal 1950 al 1972 viaggi di studio in Europa, Russia e paesi del Mediterraneo. Nel 1959, ai Saleggi di Locarno, crea attorno al proprio atelier una serie di altri studi nei quali soggiornano Jean Arp, Fritz Glarner, Hans Richter, Italo Valenti e altri. Nel 1965 è tra gli iniziatori del Museo d’arte contemporanea di Locarno allestito nel Castello visconteo, di cui diviene conservatore.

Sull’arco di un cinquantennio il realismo della scultura di Remo Rossi si manifesta in tre principali modalità stilistiche. Negli anni ’30 e ’40 prevalgono nudi femminili e ritratti improntati prevalentemente alla tradizione classica conosciuta a Parigi: Charles Despiau e Aristide Maillol sono i riferimenti principali per i volumi pieni e le espressioni pacate delle figure in bronzo o pietra. Da Emile-Antoine Bourdelle e da Auguste Rodin Rossi riprende il contrasto tra forma viva e forma sublime. Nel decennio successivo le levigate definizioni formali si fanno più incisive; una progressiva stilizzazione rende le figure, prevalentemente bronzee, più scarne e spersonalizzate.

Tale linguaggio scultoreo riporta alla solidità arcaica, a tratti popolaresca, di stampo romanico, presente anche in Arturo Martini. Ma esso richiama anche talune soluzioni plastiche di Giacomo Manzù e soprattutto le figurazioni di Marino Marini, sia nei volumi sfaccettati e articolati secondo moduli geometrici, sia nelle calibrate composizioni tematiche. I temi spaziano dai soggetti biblici e allegorici ad animali e acrobati. Caratteristico di questo periodo è il grande Pegaso realizzato per la facciata del Palazzo governativo a Bellinzona (1958), accanto ai numerosi galli, alle capre, ai tori e ai gatti coevi. L’irrigidirsi delle figure rivela una preoccupazione esistenziale che si sostituisce alla serena certezza e naturale verità dei lavori antecedenti: gli animali e gli acrobati sono spesso caduti, feriti o colti in posizioni precarie. La spigolosità e dura segmentazione delle figure sono evidenti anche nei rilievi degli stessi anni, prevalentemente di soggetto sacro.

La crescente lavorazione manuale delle superfici rivela una spiccata volontà di accentuare l’espressività del modellato. Tendenza sviluppata poi negli anni ’60 e ’70 soprattutto nei lavori non pubblici, dove la modellazione tattile dei volumi si acuisce fino a diventare sofferta espressione esistenziale, evocante Alberto Giacometti o Germaine Richier. Le deformazioni espressioniste rinviano al clima della stagione informale, cui Rossi si accosta con le sue figure lacerate, pateticamente corrose (accanto ad animali e personaggi circensi soprattutto crocifissi), in particolar modo nei rilievi di gesso figuranti le attività dell’uomo (1961–62). La disgregazione della forma è indiziaria della consapevolezza del dolore e del destino umani esperiti nel proprio tempo. Le vibrazioni che pervadono la materia, sfaldandola, rivelano stati di fragilità e inquietudine. Dalla quiete delle sculture classiche iniziali alla tensione delle figurazioni successive, Rossi manifesta anzitutto un elogio del mestiere.

La sua intensa produzione è contraddistinta da un’imperterrita ricerca e da un continuo approfondimento espressivo. Gli stili che coabitano nel suo operato, sviluppati tramite l’assimilazione di varie esperienze plastiche, rispondono alla sua fiducia nel reale, inteso come veicolo di immediata comunicazione sociale. Staticità e dinamismo si intrecciano e si alternano nelle figurazioni sacre e profane, ora opponendo alla luce volumi pieni, ora lasciando che lo spazio compenetri i vuoti. La materia è lavorata enfaticamente per figurare momenti di esistenza individuale e collettiva, per cogliere la vita negli elementi che la fondano. Per Remo Rossi l’arte è natura trasformata dall’artista; il metro di misura di tutte le cose resta sempre l’uomo: le sue attività, le sue irrequietudini e aspirazioni. 


SIKART Lexikon zur Kunst in der Schweiz

Maddalena Disch, 1998 https://www.sikart.ch/kuenstlerinnen.aspx?id=4001391



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Lot 3150 - A189 Schweizer Kunst - Freitag 28 Juni 2019, 14.00 Uhr

REMO ROSSI

(Locarno 1909–1982 Bern)
Pferd.
Bronze.
Unten auf Sockel signiert: REMO ROSSI.
H 70 cm.

CHF 14 000 / 20 000 | (€ 14 430 / 20 620)

Verkauft für CHF 17 380 (inkl. Aufgeld)
Angaben ohne Gewähr

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Lot 3144 - Z29 Schweizer Kunst - Freitag 03 Dezember 2010, 14.00 Uhr

REMO ROSSI

(Locarno 1909–1982 Bern)
Giovanese. 1951/52.
Bronze.
Auf dem Sockel mit der Signatur: Rossi. Es handelt um den zweiten Guss.
Höhe 122 cm.

CHF 15 000 / 25 000 | (€ 15 460 / 25 770)

Verkauft für CHF 16 800 (inkl. Aufgeld)
Angaben ohne Gewähr

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Lot 3062 - A199 Schweizer Kunst - Freitag 03 Dezember 2021, 14.00 Uhr

REMO ROSSI

(Locarno 1909–1982 Bern)
Hirte mit Rindern.
Bronze, braune Patina.
Unten links signiert: ROSSI REMO.
82 × 130 × 120 cm.

CHF 6 000 / 9 000 | (€ 6 190 / 9 280)

Verkauft für CHF 8 125 (inkl. Aufgeld)
Angaben ohne Gewähr

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